Di pane ce n’è uno…. anzi no
Alimento presente in tutte le culture, il pane assume forme, consistenze e nomi diversi da Paese a Paese, da Regione a Regione e talvolta persino da una città all’altra, tanto che alcuni formati e alcune tecniche di preparazione e cottura dell’impasto diventano l’emblema di un determinato contesto gastronomico.
Salato, neutro o dolce?
Quando si pensa al pane viene subito in mente la base neutra, a tendenza salata (con l’eccezione di quello “sciocco” o “sciapo” toscano), sempre presente sulle tavole mediterranee e pensata per accompagnare quello che viene appunto definito “companatico” o a contenere farciture di vario genere.
Eppure sotto la categorie “pane” ricadono prodotti molto diversi tra loro, che si distinguono per ingredienti utilizzati, tecniche di preparazione dell’impasto e cottura, occasioni di consumo e luogo di produzione.
Innanzitutto bisogna segnalare che i “pani” esistono anche dolci, semplici impasti lievitati a cui vengono aggiunti canditi, frutta secca e spezie, nati già in epoca romana (all’epoca c’era il panis artolaganus, preparato con farina miele, vino, olio, frutta candita e abbondante pepe nero in grani e consumato durante i digiuni rituali del periodo invernale, i Saturnalia e le feste in onore del dio Sole) e oggi dedicatari persino di una Settimana Nazionale che si aggiunge alle Giornate Nazionali dedicate ad alcuni esemplari specifici (soprattutto a quelli natalizi). Uno dei più celebri è il pan di Spagna (italiano a dispetto del nome) seguito da altri pani ugualmente autoctoni come pan di spezie, panon, pan d’oro, pan giallo, ma anche panforte, panpepato (o pampepato o pan pepato), pan dei morti, pane certosino e pane del vescovo.
Tutto il mondo è Paese, se si tratta di impastare
Seppur con le rispettive differenze, il pane è un alimento immancabile in tutte le culture del mondo. Lo dimostra l’istituzione da parte della FAO del World Bread Day, che si celebra ogni anno il 16 ottobre, in concomitanza con la Giornata mondiale dell’alimentazione.
Questa ricorrenza ha infatti lo scopo di sensibilizzare le persone sull’importanza del cibo e del suo consumo consapevole, a partire dalla sostenibilità della sua produzione e dalla riduzione degli sprechi.
Le varietà di pane esistenti al mondo sono moltissime, che si distinguono per aspetto, consistenza, tipo di impasto, metodo di cottura. Tra i pani più celebri ci sono sicuramente la baguette francese (dalla forma allungata, croccante e leggermente dorata fuori e morbidissima e compatto dentro), il bagel polacco (a forma di ciambellina, è l’unico panino ad essere cotto due volte: prima bollito in acqua e poi passato al forno), la ciabatta (insieme alla rosetta è il più famoso tipo di pane italiano, apprezzato soprattutto per la spiccata digeribilità del prodotto dovuta al basso contenuto di lievito, il bretzel tedesco (una sorta di brioche salata dalla caratteristica forma a nodo, bruna in superficie e cosparsa di granelli di sale), il pane azzimo (probabilmente l’antenato di tutti i pani, realizzato del tutto senza lievito, con solo farina e acqua).
Uno, nessuno, centomila solo in Italia
Solo in Italia si stima che esistano 250 varietà e tipologie di pane tradizionale; talmente tante che conoscere il nome di tutti è un’impresa ardua. Non solo ogni regione ha il proprio (o i propri) ma persino a livello locale esistono delle varianti o delle vere e proprie ricette a sé che contribuiscono ad arricchire l’elenco.
Da Nord a Sud incontriamo Pane e Nero (Trentino Alto Adige) fatto con un mix di farine di segale e grano, la Michetta o Rosetta (Lombardia), soffiato e quindi vuoto all’interno, e dal caratteristico disegno a stella con tanto di “cappello”; la Schiacciatina o Chisolina mantovana (un pane croccante particolarmente friabile di forma quadrata o rettangolare); il Pane Sciocco (Toscana) così chiamato perché senza sale e ideale per accompagnare taglieri di salumi e formaggi saporiti; la Tigella (Emilia Romagna); il Pane di Lariano (Lazio) dalla cultura millenaria, dorato fuori e con una mollica candida e morbidissima; il Pane Cafone (Campania), di grano tenero, con la crosta croccante e liscia; il Pane di Terni (Umbria), simile al pane sciocco ma più basso e con la crosta friabile; il Pane casereccio (Abruzzo) un filone con la crosta scura, croccante e con la mollica compatta; la Panella (Basilicata) fatta con un mix di farine di grano duro, ceci, fagioli e patate; la Pitta (Calabria); il Pane di Altamura (Puglia); la Mafalda (Sicilia), una pagnottella dalla forma sinuosa e coperta con semi di sesamo; il Pane carasau (Sardo), molto simile al pane azzimo, non lievitato e quindi sottilissimo e croccante.
In panificio, ma anche home-made
La panificazione è una vera e propria arte, fatta di gesti sapienti che si trasformano in veri e propri rituali compiuti nella solitudine dei forni, di notte, mentre la città dorme o, viceversa, diventano momenti di aggregazione e condivisione sociale, soprattutto declinati al femminile (è il caso di quelle culture in cui ancora sono in funzione i forni pubblici, dove le donne si ritrovano per cuocere le forme destinate alle rispettive tavole domestiche). Per vivere in prima persona il romanticismo di questa preparazione non c’è nulla di meglio che provare a sfornare da sé il proprio pane, direttamente nella cucina di casa.